Lunedì 9 febbraio, a Bologna, in piazza Maggiore, dalle ore 10.30 alle 12.30, una rappresentanza dei lavoratori delle banche di credito cooperativo (BCC) dell’Emilia-Romagna, della Lombardia, della Toscana, del Veneto, del Piemonte, del Friuli Venezia e delle Marche manifesteranno contro la decisione delle BCC di disapplicare il contratto di lavoro integrativo regionale a partire dal prossimo 1° aprile. Il presidio avrà luogo davanti alla filiale di EMILBANCA, istituto di credito il cui presidente, Giulio Magagni, è anche a capo della Federazione BCC Emilia-Romagna e di ICCREA Holding, la scatola finanziaria nazionale delle stesse banche di credito cooperativo.
“Siamo alla barbarie. Non sono solo a rischio i diritti su ferie, buoni pasto, periodo di malattia, inquadramento, straordinario, eccetera… E’ a rischio la stessa dignità dei quasi 3100 bancari che sono impiegati nelle 20 BCC dell’Emilia-Romagna. Nessuna categoria in Italia lavora senza un contratto”, protestano i sindacati.
“Sappiamo bene – continuano i sindacati – che la situazione delle 379 banche di credito cooperative della penisola non è delle più rosee, ma il capro espiatorio non può certo essere il costo del lavoro, che è addirittura minore del 4% rispetto a quello dell’ABI. I veri problemi che hanno causato chiusure dei bilanci in rosso riguardano l’ammontare delle sofferenze, cioè dei prestiti mal assegnati e non rimborsati che nel solo 2013 hanno costretto le BCC ad accantonare oltre due miliardi di euro”. “ A ciò – rincarano la dose le organizzazioni sindacali – si aggiunga una politica di espansione delle filiali il più delle volte sconsiderata, che ha portato ad aprire troppi sportelli (+20% negli ultimi 7 anni) mentre le banche ABI li chiudevano (- 7% nello stesso periodo)”.
“E’ del tutto evidente – sottolineano i rappresentanti dei lavoratori – che 37mila bancari del credito cooperativo non possono pagare gli errori strategici e le inefficienze di una classe dirigente inadeguata. D’altro canto i dati della Banca d’Italia parlano chiaro: su 15 commissariamenti di banche disposti dal Ministero dell’Economia, ben otto riguardano BCC, di cui oltre la metà ubicate nel Nord e una in Emilia-Romagna”. Gli stessi sindacati nazionali, nell’aprile del 2014, avevano presentato a FederCasse un documento in cui, oltre a denunciare la situazione, erano contenute proposte concrete per sollecitare un immediato rilancio. Tra queste: un unico polo nazionale per unificare i centri informatici, le attività di back-office e le società prodotto; la razionalizzazione della rete di filiali, aperte in questi ultimi anni in maniera indiscriminata e, in molti casi, ubicate dove erano già presenti altre filiali di Bcc; la necessità di un’unica strategia di FederCasse e ICCREA Holding sulla politica reddituale, su quella industriale e su quella associativa.
“Per questi motivi – proseguono i sindacati – lanciamo un appello ai numerosi amministratori e soci di BCC che ancora credono in questo modello. Un appello affinché non si disperda un’esperienza creditizia che, nonostante le difficoltà, anche in questi anni di crisi è stata vicina al territorio e in grado di dare risposte a famiglie ed imprese, il più delle volte in misura di gran lunga superiore rispetto alle grandi banche”. “Naturalmente – concludono le sigle sindacale – se le disponibilità di FederCasse non dovesse cambiare, lo sciopero nazionale del settore previsto per il prossimo 2 marzo sarà inevitabile”